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  Misurate ciò che è misurabile e rendete misurabile ciò che  non lo  è.     (Galileo Galilei)


  Non esiste nulla fino a che non viene misurato.                (Niels Henrik  David Bohr)


Termografia Elicottero

Termography Helicopter

Stato dell’arte della termografia Lock-In applicata a componenti di elicottero: analisi termoelastica e rilevazione di difetti

G. Fantoni*, L.G. Merletti*, A. Salerno**

*AGUSTAWESTALND, via G. Agusta 520, Varese

**Politecnico di Milano, Dip. di Energetica, Milano

Key words: lock-in thermography, aerospace,helicopter, thermoelastic

stress analysis

Sommario

La termografia Lock-in viene applicata in Agusta-Westland quale strumento per l’analisi termoelastica degli sforzi (TSA) e quale metodo non distruttivo per la rilevazione di difetti.

L’analisi degli sforzi viene impiegata a livello di prove strutturali su quei componenti aeronautici a geometria complessa dove i carichi sono applicati a frequenze molto basse e quindi lontane dalla condizione di adiabaticità, in cui il segnale termico è fortemente attenuato a causa della diffusività termica del materiale. Questo effetto risulta particolarmente accentuato nel caso dei materiali metallici: la memoria tecnica presenta lo stato dell’arte riguardo le metodologie utilizzate per recuperare dati quantitativi affidabili, partendo dallo sfasamento che intercorre tra il segnale termico e il segnale di carico.

Viene fornita inoltre una breve trattazione relativa all’applicazione della TSA sui materiali compositi, che sono caratterizzati da direzioni preferenziali di carico, anisotropia e disomogeneità e dove il recupero di dati quantitativi attendibili risulta più difficoltoso rispetto ai metalli. Vengono infine presentati alcuni casi di particolari applicazioni di termografia Lock-in per la rilevazione di difetti su materiale composito mediante stimolazione termica delle superfici.

Introduzione

La progettazione aeronautica si occupa quotidianamente dello studio migliorativo dei componenti in termini di prestazioni superiori, attraverso l’utilizzo di nuovi materiali e processi che riducano gli ingombri e i pesi nel pieno rispetto della sicurezza del volo.

Le prove strutturali devono verificare sempre più velocemente e in dettaglio i limiti operativi delle parti in sperimentazione, individuati ed estremizzati già in fase di progettazione computazionale. Tuttavia i modelli di riproduzione dei componenti risultano spesso semplificati a causa della complessità geometrica, riducendo così la conoscenza di ciò che avviene realmente in quelle aree che presentano elevati gradienti di sforzo e che spesso risultano la causa dell’insorgenza di rotture. A tal fine, poter individuare e controllare rapidamente tali zone migliora la capacità di valutare gli eventi e definire le azioni correttive da attuare.

La termografia ad infrarossi di tipo Lock-in un metodo di controllo sperimentale che in Agusta-Westland viene sempre più utilizzato sia come strumento per l’analisi termoelastica degli sforzi (TSA) che per la rilevazione non distruttiva di difetti su materiale composito. Tuttavia il comportamento a fatica in strutture di tipo metallico si discosta in maniera rilevante da ciò che avviene per strutture in materiale composito. Infatti le caratteristiche fisiche di omogeneità e isotropia dei materiali metallici vengono sfruttate in maniera rilevante in quei casi in cui si rende necessario correggere le mappe termiche a causa dell’elevata diffusività termica dei metalli. La condizione tipica di componenti complessi sottoposti a prove di fatica è quella in cui l’applicazione dei carichi avviene a frequenze molto basse, che risultano lontane da quella condizione di adiabaticità in cui la misura di termografia non risente di attenuazioni. Questo effetto può essere corretto grazie a una specifica metodologia messa a punto in collaborazione con il Politecnico di Milano, la quale consente di recuperare dati quantitativi affidabili partendo dallo sfasamento che intercorre tra il segnale termico acquisito e quello generato dalla stimolazione meccanica del carico. I materiali compositi sono invece caratterizzati da una struttura non omogenea e anisotropa, in cui le sollecitazioni avvengono in direzioni preferenziali. La presenza di strati multipli di fibre unidirezionali disposti in una matrice di resina non consente un utilizzo paritetico del modello realizzato per i metalli. Infatti, nonostante il segnale termico rilevato in superficie possa essere indipendente da ciò che avviene in profondità, è spesso la condizione superficiale delle parti a influenzare la misura termografica.

In particolare lo spessore di resina risulta localmente variabile in superficie e questo si traduce in un recupero di dati quantitativi attendibili che è molto difficoltoso. Un’ulteriore complicazione deriva dal fatto che siano presenti strati di fibre disposti ortogonalmente tra loro che comportano costanti termoelastiche differenti. La termografia Lock-in viene anche impiegata in Agusta-Westland quale strumento per la rilevazione dei difetti. Grazie ad un sistema di stimolazione termica di tipo modulato, vengono indagate quelle parti in materiale composito quali pannelli e rivestimenti di elicottero in cui si sospetta la presenza di difettologie.

Dopo una fase di sviluppo della tecnica svolta in laboratorio, relativamente allo studio e all’analisi delle potenzialità applicative del metodo, Agusta-Westland ha iniziato ad operare su campo con la termografia lock-in nella ricerca mirata di inconvenienti produttivi.

Apparato sperimentale [1]

Il sistema di termografia Lock-in utilizzato in Agusta-Westland è composto da una termocamera a infrarossi (IR), un modulo Lock-in, un generatore di segnale oscillante, due lampade alogene con relativo amplificatore e un sistema di controllo via computer. La termocamera è equipaggiata con una matrice 320×239 di sensori a semiconduttore in InSb con risposta spettrale nell’intervallo lunghezza d’onda 3÷5 ìm alla temperatura di 80°K, mantenuta da un’opportuna pompa di tipo Stirling. Sono disponibili due tipi di ottiche: una prima lente da 25 mm per ampi campi di ripresa ed una seconda lente da 50 mm, maggiormente utilizzata per inquadrature localizzate. Il modulo Lock-in opera un ruolo fondamentale nel sistema. Una funzione è quella di incrementare la sensibilità del sistema fino a 1 mK, filtrando il rumore del segnale in modo da eliminare i disturbi legati a variazioni di temperatura ambiente oppure dovuti a componenti statiche. Grazie a una media operata su più immagini acquisite (in numero maggiore di 3000) si riduce in maniera rilevante il contributo del rumore non sincronizzato alla frequenza impostata per la prova. Una seconda funzione del modulo Lock-in è quella di consentire la separazione dell’immagine di ampiezza da quella di fase, acquisite in contemporanea. La mappa degli sfasamenti esprime pixel per pixel la differenza di fase che intercorre tra il segnale di riferimento e il segnale proveniente dalla termocamera. A livello fisico, l’applicazione di un carico ciclico, sia esso di tipo termico, meccanico o di altra natura, determina per effetto termoelastico un’oscillazione di temperatura sinusoidale con frequenza pari a quella del carico, un’ampiezza A ed uno sfasamento ö rispetto al segnale del carico imposto. La termografia Lock-in si basa proprio sulla misura del campo oscillante di temperatura in regime stazionario provocato dall’effetto termoelastico. Le due grandezze A e ö vengono misurate grazie alla termo camera in grado di registrare l’emissione infrarossa legata al campo oscillante di temperatura. Tecnicamente, durante ogni ciclo di modulazione vengono registrate con la termo camera quattro immagini sfasate ciascuna di un quarto di periodo: risulta quindi possibile con semplici formule di trigonometria calcolare il valore di A e 0.


                           

                                        Figura 1. Segnale di acquisizione durante un ciclo dell’onda termica

Indicate con S1, S2, S3, S4 le quattro immagini equispaziate registrate durante un ciclo (vedi Figura 1) si ottiene che l’ampiezza vale:


                

mentre lo sfasamento:


Per ogni pixel che forma l’immagine, il modulo Lock-in acquisisce i 4 valori S1, S2, S3 e S4; da questi valori il sistema calcola un’immagine di fase che governata dall’equazione


                               

L’acquisizione di solo quattro immagini consente quindi di ricavare le immagini di fase e ampiezza: naturalmente maggiore è il numero di immagini richieste maggiore sarà il tempo di elaborazione, però a favore della riduzione di rumore associato alle misure.

L’immagine di ampiezza fornisce le variazioni di temperatura indotte dall’effetto termoelastico: questa informazione è però una misura priva di segno algebrico. L’immagine di fase fornisce invece per ogni pixel il valore dello sfasamento del segnale di temperatura rispetto al segnale di riferimento introdotto nel sistema: nel caso della TSA è il segnale della cella che applica i carichi ciclici al componente in prova a fatica, mentre nel caso della rilevazione difetti è il segnale generato da un opportuno modulo di gestione delle lampade (vedi Figure 2 e 3).


                                      Figura 2. Apparato sperimentale per TSA


           

                                           Figura 3. Apparato sperimentale per rilevazione difetti

Analisi Termoelastica degli Sforzi (TSA)

Richiami teorici di termoelasticità [2]

È noto il fenomeno fisico in cui un gas sottoposto a compressione aumenta la sua temperatura mentre se espanso essa diminuisce. Qualcosa di analogo avviene in maniera molto più limitata, in termini di variazioni di temperatura, anche per i solidi. Il fenomeno descritto ha validità nei casi in cui si opera con un processo di tipo adiabatico, ma nel caso di un solido è difficile impedire al calore di diffondere in zone contigue al punto in cui esso è generato. Diviene quindi particolarmente importante il ruolo del materiale, della frequenza di applicazione del carico e dalla tipologia di sforzo presente nel componente in prova. L’analisi termoelastica delle tensioni è basata su queste considerazioni e viene descritta dall’equazione fondamentale di Darken e Curry [3] che ne descrive l’effetto:

                         (1)

dove T è la temperatura assoluta, σ=(σI+σII+σIII) è il primo invariante delle tensioni (cio la somma delle tensioni principali) e K0 è la costante termoelastica:

                           (2)

con á coefficiente di dilatazione termica, ñ densità di massa e cp calore specifico a pressione costante. L’effetto termoelastico correla le variazioni di temperatura unicamente al primo invariante delle tensioni, a sua volta responsabile della variazione di volume dell’elemento considerato. Considerando ora il fenomeno della conduzione del calore in un solido, descritto dall’equazione di Fourier:

                                 (3)

in cui cv è il calore specifico a volume costante, t è il tempo, k la conduttività termica e q una fonte di calore interna per unità di volume, risulta ben evidente che in condizioni di adiabaticità si ottiene l’annullamento del termine Δ2T. Di conseguenza, introducendo l’espressione (1) relativa all’incremento di temperatura in (3), si ottiene l’equazione per q:

                             (4)

dove T0 la temperatura ambiente. Di conseguenza si evince come la variazione delle tensioni nel tempo, dovuta all’effetto termoelastico, crei una sorgente periodica di calore che è responsabile delle variazioni locali di temperatura. Nel caso in cui si applica un carico esterno in maniera ciclica, tipicamente sinusoidale nel caso di prove a fatica, il calore prodotto da ogni sorgente puntiforme varierà anch’esso sinusoidalmente nel tempo, e si propagherà nel materiale per mezzo di onde termiche caratterizzate da una velocità di diffusione finita. La grandezza fisica definita come

                                       (5)

- dove ÷ = k/ñcp è la diffusività termica del materiale e ω= 2πv è la pulsazione di applicazione del carico – è la lunghezza di diffusione termica che caratterizza il fenomeno. In particolare le onde che diffondono nel materiale sono attenuate e la temperatura risultante sulla superficie di un componente in prova è il risultato della somma di più funzioni sinusoidali, ognuna con un ritardo crescente con la distanza dal punto in esame. Risulta chiaramente individuabile dalla (5) come la frequenza sia l’unico parametro variabile. Per basse frequenze il punto in esame è influenzato da sorgenti molto lontane e il segnale generato giunge con un notevole ritardo dovuto alla elevata distanza, evidenziando così un segnale risultante sfasato. Al contrario, per alte frequenze, la temperatura in ogni punto è influenzata solamente da quanto accade nel punto stesso e i segnali provenienti dalle sorgenti limitrofe non influiscono su quello risultante che quindi non presenterà nessuno sfasamento.

a) Applicazione ai materiali metallici

È stato sottolineato come la condizione di adiabaticità sia un requisito indispensabile al fine di evitare sottostime delle mappe termiche e quindi degli sforzi. Per componenti aeronautici a geometria complessa, spesso non è possibile raggiungere le condizioni minime di frequenza adiabatica durante le prove a fatica. In questi casi si assiste ad una dispersione del calore che si traduce in una attenuazione del segnale termico rilevato sulla superficie del componente. Il modello di correzione sviluppato in Agusta Westland con la collaborazione del Politecnico di Milano, analizza la relazione tra attenuazione del segnale e sfasamento attraverso algoritmi di correzione dedicati. Il modello consente di migliorare l’analisi termoelastica quantitativa in condizioni di non adiabaticità ed è basato sull’analisi dello sfasamento rispetto ai valori di 0° (condizione di compressione) e 180° (condizione di trazione) per ogni pixel dell’immagine. La differenza di fase rilevata dal sistema Lock-in si traduce in una attenuazione della mappa di ampiezza che risulta esclusivamente funzione della distribuzione di sforzo presente sul componente [4] e che è indipendente dal materiale, dal carico applicato e dallo spessore esaminato. Opportuni modelli analitici a elementi finiti sono stati sviluppati per ottenere le soluzioni del problema di diffusione del calore in condizioni non adiabatiche [5]. La soluzione del modello fornisce la relazione tra attenuazione e sfasamento per differenti distribuzioni di sforzo (funzioni di correzione).


                    Figura 4. Propagazione delle onde termiche attraverso lo strato di resina superficiale

Considerata la rilevanza della scelta della curva di correzione, l’azione migliorativa è stata quella di incrementare il numero di possibili funzioni di correzione. È stato implementato il modello che calcola la soluzione numerica del primo invariante degli sforzi ed è stata poi risolta l’equazione di conduzione del calore nel caso tridimensionale per diverse frequenze generate in condizioni di non adiabaticità al fine di determinare i valori di temperatura adiabatica, di quella reale e dello sfasamento per differenti punti di riferimento presi sulla superficie di un parallelepipedo. Dal diagramma sfasamento-attenuazione sono state così determinate differenti funzioni di correzione nello spazio tridimensionale [6]. Una opportuna routine dedicata permette infine di rielaborare l’immagine grezza di ampiezza calcolando l’attenuazione pixel per pixel secondo un criterio di utilizzo della curva di correzione che soddisfa la condizione di minima deviazione standard [7].

b) Applicazione ai materiali compositi

L’applicazione dell’analisi termoelastica a componenti in materiale composito [8] risulta particolarmente complicata a causa dell’ortotropia del materiale, che determina valori della costante termoelastica dipendenti dalla orientazione delle fibre. Un’ulteriore difficoltà viene individuata nella stratificazione a lamine del materiale, che evidenzia un comportamento variabile in funzione della profondità dalla superficie e che implica dunque costanti termoelastiche che si modificano con la frequenza di applicazione del carico. Utilizzando un modello analitico bistrato è stato possibile interpretare i dati delle prove sperimentali, proponendo quindi una giustificazione circa la dipendenza dalla frequenza delle costanti termoelastiche misurate. È stato dimostrato come, per un utilizzo pratico della tecnica termoelastica ai fini dell’analisi delle sollecitazioni, sia necessario ricavare le costanti calibrate alla frequenza corretta di prova. In particolare sono state ricavate a livello sperimentale le costanti termoelastiche nelle due direzioni ortogonali delle fibre, attraverso misure di TSA su provini rettangolari a sezione costante. La variazione di temperatura sulla superficie del provino, generata per effetto termoelastico, viene misurata dall’apparato sperimentale invertendo la relazione termoelastica fondamentale (1). I dati sperimentali hanno evidenziato come sussista un generale andamento decrescente del valore delle costanti termoelastiche all’aumentare della frequenza: infatti è stato dimostrato come le costanti teoriche non tengano conto dell’influenza della resina superficiale che varia con la frequenza del carico di sollecitazione. Tale fenomeno è stato così interpretato: al crescere della frequenza, la temperatura superficiale viene sempre meno influenzata dalle onde termiche generate in profondità, incrementando così il contributo della risposta termoelastica generata dalla sola resina

(vedi Fig. 4).

Al fine di correlare il modello analitico e i dati sperimentali, è necessario affrontare il problema dello strato di resina superficiale. Si considera tale spessore come una lamina aggiuntiva rispetto alla stratificazione originale del provino, in modo da calcolare lo stato di sforzo e deformazione all’interno della resina secondo i principi della teoria della laminazione, normalmente applicati ai laminati in materiale composito. Una volta imposti i carichi, viene calcolata la deformazione del laminato e quindi gli sforzi corrispondenti in ciascuno strato. Il calcolo della risposta termoelastica utilizzando il modello analitico bistrato è stato applicato al caso di un provino in vetro con stratificazione [0°]13, ovvero costituito da 13 lamine di unidirezionale a 0° rispetto all’asse longitudinale. Le soluzioni sono state calcolate aumentando lo spessore del provino e al variare della frequenza. È stato dimostrato come a bassa frequenza l’attenuazione delle onde termiche generate dalla lamina di composito sia trascurabile e quindi come venga attraversato lo spessore di resina in maniera inalterata. Aumentando invece la frequenza di prova, le onde si attenuano sempre di più e quindi prevale il contributo della resina sulla risposta termoelastica. In pratica, sufficiente il sottilissimo spessore di resina, stimabile in 0.02 mm, per impedire la diffusione di calore dalla prima lamina del composito alla superficie. Tuttavia la variabilità delle misure puntuali dello spessore di resina del composito, ha comportato l’utilizzo di valori sperimentali medi sulla superficie. Si conclude quindi che per rendere più efficace e flessibile l’impiego dell’analisi termoelastica su componenti in materiale composito, risulta indispensabile calibrare le costanti termoelastiche a diverse frequenze di sollecitazione o in alternativa si devono rendere necessari l’utilizzo di modelli analitici in grado di estendere a diverse frequenze i dati sperimentali di calibrazione ottenuti ad una sola frequenza.

Rilevazione dei difetti

L’apparato sperimentale per la rilevazione dei difetti mediante termografia Lock-in presentato in figura 3. A differenza di quanto avviene per la TSA, il segnale di riferimento viene inviato al Lock-in da un generatore di funzione d’onda sinusoidale che opera anche come modulatore della stimolazione termica operata tramite due lampade alogene da 1000 Watt ciascuna. Il vantaggio dell’utilizzo della termografia Lock-in rispetto ad altre tecniche, si riassume nella capacità dell’apparato di registrare contemporaneamente le immagini di ampiezza e di fase dell’onda termica risultante. Infatti è stato verificato come le immagini di fase presentino un campo di profondità – descritto dalla lunghezza di diffusione  termica espressa nella (5) – circa doppio rispetto a quello di un’immagine di ampiezza [9]. Altro vantaggio della termografia di tipo Lock-in è quello che le immagini di fase risentono in maniera inferiore, rispetto a quelle di ampiezza, della disomogeneità dovuta alla stimolazione termica. In questo panorama risulta più agevole valutare delle immagini con elevata risoluzione spaziale che presentano un fondo più omogeneo e sono quindi più facili da contrastare agendo sulla scala di tonalità dei colori. Infine la termografia Lock-in è una delle tecniche ottiche che meglio si propone come metodo di controllo oggettivo, quantificabile (le difettologie presenti su un componente possono essere ben identificate in dimensioni, forme e profondità) e registrabile, nonché quale possibile alternativa a tecniche ispettive quali ad esempio il martelletto. Qualche aspetto a sfavore della tecnica  Lock-in è identificabile nel fatto che la selezione di una frequenza di modulazione non corretta, potrebbe impedire la rilevazione di una difettologia. È quindi prassi consolidata quella di procedere ad ispezioni operando inizialmente con bassi valori di frequenza. Altro importante aspetto da non sottovalutare è il materiale da ispezionare: infatti materiali che presentano caratteristiche termiche di elevata conduzione del calore (alta diffusività termica), quali per esempio i metalli, risultano più difficoltosi da analizzare e con una conseguente diminuzione della sensibilità del metodo. I materiali compositi invece, soprattutto le strutture di rivestimento, i laminati a basso spessore in CFRP o GFRP e i pannelli sandwich sono le tipologie che più si prestano a questo tipo di attività. In Agusta-Westland la termografia Lock-in è finora stata applicata in quei casi in cui è stato necessario rilevare a posteriori delle alterazioni costruttive su pannelli in CFRP, nella ricerca di scollaggi su pannelli di elicottero e per valutare la qualità dell’incollaggio di inserti metallici in strutture sandwich.

Conclusioni

Nella memoria tecnica è stato presentato lo stato dell’arte relativamente all’utilizzo della termografia Lock-in per applicazioni industriali di ambito aeronautico. È stato descritto l’utilizzo dell’apparato sperimentale per analisi termoelastica delle sollecitazioni, con applicazioni ai materiali metallici e a quelli di tipo composito. Sono state evidenziate le notevoli differenze applicative nei due casi ed è stato dimostrato come sia possibile recuperare misure termoelastiche quantitative degli sforzi attraverso approcci differenti e tramite l’utilizzo di opportuni modelli. Nel caso dei materiali metallici in prova a fatica presso Agusta-Westland è possibile ottenere eccellenti risultati di misura delle sollecitazioni superficiali su aree a geometria complessa o caratterizzate da elevati gradienti di sforzo. Tali misure sono spesso l’unico supporto sperimentale per i progettisti aeronautici su quelle aree in cui non è possibile posizionare gli estensimetri resistivi e in cui è necessario validare o confermare l’andamento dei modelli ad elementi finiti. Per quanto riguarda l’analisi degli sforzi applicata ai componenti in composito la situazione è più complicata a causa della disomogeneità e della anisotropia del materiale.Attualmente una applicazione consolidata della misura delle sollecitazioni di tipo quantitativo, è di difficile applicazione e prescinde da dati che devono essere ricavati attraverso la modellazione computazionale.

Infine è stata presentata l’applicazione della termografia lock-in per la rilevazione di difettologie. Le attuali applicazioni in Agusta-Westland vengono richieste in quei casi specifici dove è sospetta la presenza di una difettologia costruttiva oppure a seguito di una segnalazione di inconveniente in fase manutentiva. Una applicazione della tecnica in produzione, così come per altre tecniche ottiche, non ha ancora avuto il sopravvento rispetto ad altri metodi più consolidati.

Bibliografia

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Termo-Stress Analisi di Componenti di Elicottero, Il Giornale

delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica,

Anno XXV, numero 4 – Dicembre 2004 presentata

alla giornata intitolata Attualità nei Controlli non Distruttivi

per la costruzione e manutenzione di aeromobili,

motori e componenti, 11-12 Novembre 2004, Roma

[2] G. Fantoni, L.G. Merletti, A. Salerno e A. Gallotti,

Correzione delle mappe di analisi termoelastica di componenti

di elicottero: evoluzione del modello, 11° Congresso

Nazionale AIPnD, 13-15 Ottobre 2005, Milano

[3] Darken L. and Curry R., Physical Chemistry of Metals,

London: McGraw-Hill, 1953

[4] N. Harwood and W. M. Cummings, Thermoelastic Stress

Analysis, IOP Publishing (Adam Hilger), Bristol, 1991

[5] A. Salerno and S. Desiderati, Procedure proposal for the

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Review of Scientific Instruments, vol. 75, no. 2

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[6] G. Fantoni, L.G. Merletti, S. Desiderati, A. Salerno,

A. Gallotti, Advances in non-adiabatic thermoelastic stress

analysis on helicopter components, Materials Evaluation

(ASNT), 64/12, December 2006, pp.1167-1172

[7] A. Gallotti, A. Salerno, Automatic Procedure for the Correction

of Thermoelastic Stress Analysis Data Acquired in non-

Adiabatic Conditions, Review of Scientific Instruments

[8] A. Costa, G. Fantoni, A. Salerno, Analisi termoelastica

delle tensioni su materiali compositi, , Il Giornale delle Prove

non Distruttive Monitoraggio Diagnostica, Anno

XXVIII, numero 3 – Ottobre 2007 presentata alla giornata

intitolata Attualità e sviluppo dei Controlli non Distruttivi

nelle applicazioni aerospaziali, 19 Giugno 2007,

AgustaWestland – Cascina Costa di Samarate (VA)

[9] X. Maldague, Introduction to NDT by Active Infrared

Thermography, Electrical and Computing Engineering

Department, Universitè Laval, Quebec City (CAN)

Relazione presentata alla Giornata di studio

“Stato dell’innovazione del metodo Termografico nelle sue applicazioni industriali, civili e dei beni culturali” Padova 1 Ottobre 2008 Manifestazione organizzata dall’AIPnD in sinergia con ITC-CNR di Padova

Tratto da:  Il Giornale delle Prove non Distruttive Monitoraggio Diagnostica 4/2008

Termografia di un Elicottero   Augusta A 109 Power


Elicottero  Robinson    R 22